I discepoli avevano paura ad approfondire l’argomento che Gesù stava trattando. Forse temevano davvero quello che poi sarebbe successo. Oppure chissà cosa immaginavano di quello strano discorso del Maestro, eppure nessuno gli ha chiesto un chiarimento. 

Invece Gesù non teme di interrogarli sui loro discorsi.

Questo è quello che accade ancora oggi con molti credenti. Spesso si è presi dalla paura di entrare in una relazione vera, autentica, personale con il Signore. Si preferisce rimanere sul vago. Si preferisce avere una relazione formale, da dipendenti:  Lui, in fondo , è sempre Dio.  E forse anche un Dio giudice che è li pronto a punirci dei nostri errori e peccati. Allora meglio una relazione da dipendente: Lui è il nostro superiore e noi i sudditi.

Quanto ci scrive Giovanni al cap. 15 è molto lontano dal tipo di relazione che preferiamo avere con Dio: il “Vi ho chiamato amici” ancora non entra nella nostra mentalità. Essere amici di Dio: è possibile? E’ quanto tanti si domandano.

Il Signore invece ci stana sempre con le sue domande: ad Adamo “dove sei? ” a Caino “dov’è tuo fratello?” ed oggi “Di cosa parlavate tra voi?”. Domande insidiose, che ti provocano, che ti mettono di fronte ai tuoi limiti, alle tue miserie, ma soprattutto domande che non giudicano ma che vogliono portarci a riflettere di quanto abbiamo bisogno di un Dio amico, che ci ama e ci perdona sempre, tutte le volte che glielo chiediamo. Ma forse anche a questo molti credenti non sono ancora pronti.