
Nel terzo giorno dei festeggiamenti di San Paolo della Croce, sabato 18 ottobre 2025, si è svolta in parrocchia l’adorazione eucaristica animata e a seguire la celebrazione della Santa Messa presieduta da padre Marco Staffolani, passionista, che in questi giorni ha guidato le riflessioni sul nostro santo patrono.
Il Vangelo era quello della domenica:
Lc 18,1-8
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Questa la predica di padre Marco:
Siamo all’interno di questo triduo che ci porta fino alla festa domani di San Paolo della Croce e ieri abbiamo predicato sul valore della sofferenza, su quanto è difficile alle volte pregare perché ci sembra che Dio sia lontano, che i fatti che affrontiamo siano difficili, che le situazioni da risolvere sono impossibili. E oggi questa signora, che rimane in qualche modo senza giustizia, va dal giudice e rompe le scatole. Suona, bussa, lo interrompe quando deve fare altre cose, lo chiama a casa, se avesse avuto il telefono gli avrebbe mandato un messaggio su Whatsapp, se il giudice non si faceva trovare avrebbe chiamato qualche collega, amico, prete, non so, quelli dell’epoca, e avrebbe comunque continuato fin tanto che non fosse stata esaudita.
Ecco, il Signore Gesù ci dice, e se questa qui, che chiede giustizia e quindi deve essere ascoltata, viene esaudita semplicemente perché è arrivata a rompere le scatole, quanto più farà il Padre vostro, perché la giustizia Lui la fa veramente. Ecco, allora la domanda che Gesù pone in fondo alla pericope del Vangelo di oggi è non tanto se il Padre fa giustizia, ma se i figli sono fedeli alla preghiera. Quando il Figlio dell’Uomo, quando io ritornerò nella gloria – dice Gesù – troverò ancora la fede sulla terra? Troverò ancora qualcuno che è interessato a che il Padre Eterno faccia giustizia? Troverò qualcuno che ancora loda, ringrazia, e ha capito che il mondo dipende dalle mani di Dio?
Questa domanda la fa Gesù ed è inquietante, perché pone la possibilità che il progetto intero del Padre fallisca, cioè che l’umanità a un certo momento si scordi completamente di Dio, che non ci sia la fede sulla terra. Oppure speriamo che bisogna invece interpretarla in maniera retorica, dicendo che ci sarà sempre qualcuno, perché qualche rompiscatole tra di noi ci sta, figuriamoci qualcuno che non chiederà a Dio che si faccia giustizia.
Ecco, affrontiamo oggi l’aspetto della missione popolare di San Paolo della Croce, una missione nella quale Dio ci accompagna lungo il cammino.
Paolo voleva che nella missione popolare si riaccendesse nel cuore delle persone proprio l’amore per Dio. E nella sua capacità immaginativa che dicevamo ieri, oltre alla farfalletta che gira intorno alla luce, ce ne ha tante altre.
Diceva che Dio è un amore immenso e faceva riferimento ai viaggi che faceva per mare e per terra. Siccome era commerciante di tessuti, gli capitava spesso di viaggiare a lungo. E quando viaggiava per mare, soprattutto, aveva giornate intere in cui vedeva l’azzurro intorno a sé: scendendo dal porto di Genova, passando davanti all’Argentario, fino giù a Civitavecchia e sbarcando a Roma.
E allora questo gli metteva nell’immaginazione che Dio era come questo mare. L’amore di Dio è quell’abisso profondo che non finisce mai. L’amore di Dio ha sempre qualche riserva di potenza, ha sempre qualche riserva di seconde possibilità, ha sempre qualche riserva di perdono, ha sempre di più di quello che noi pensiamo.

C’è un’immagine che adesso mi ritorna di Papa Francesco, in cui diceva, parlando sempre del perdono di Dio: noi alle volte disperiamo del perdono di Dio, ma il problema siamo sempre noi. Alle volte – diceva Papa Francesco – non è che ci siamo stufati di chiedergli perdono dei nostri peccati? Non è questo forse il peccato che diventa il più grosso? Ecco, Dio ci sta così appresso che mi viene da dire che l’immagine della vedova è quasi rovesciata. Come capita spesso quando noi iniziamo a pregare e pensiamo che siamo noi che sappiamo cosa chiedere a Dio Padre Onnipotente, pensiamo che siamo noi coloro che sanno quando è ora che si realizzi la nostra preghiera, sappiamo che quello che chiediamo è giusto e deve essere esaudito, la domanda che mi pongo è questa: ma siamo proprio così sicuri che non dobbiamo essere noi quelli che dobbiamo essere perdonati, che non siamo noi quelli che dobbiamo ascoltare lo Spirito che con gemiti inesprimibili dice e prega prima che noi apriamo bocca? Non siamo forse noi che dovremmo stare in silenzio e fare l’adorazione eucaristica perché parla già Dio nel suo silenzio? Ecco allora, Paolo ci insegna anche questo. Dio è presente nel cammino quotidiano e non c’è bisogno di fare tante preghiere speciali.
Ci capita di ringraziare per i prodigi che Dio ha fatto, ma quanti ringraziamenti fa l’umanità ogni giorno per le cose ordinarie che succedono? Forse poco, troppo poco, non si ringrazia mai abbastanza. Allora Paolo diceva che in questo abisso di misericordia, in questo abisso di Dio, di azzurro, del mare, Dio, lì si nasconde un po’ tutto.
Ha anche un’altra immagine del cuore di Dio che è un amore doloroso e amoroso, in cui si mischia tutto. E allora diceva che se tu sei nella gioia, nell’amore o sei nel dolore, poco cambia. L’importante è stare con Dio. Quasi che in certo momento l’amore e il dolore, se vissuti con Dio, funzionano sempre. Beh certo, lui era santo e molto probabilmente aveva fatto nel suo noviziato spirituale a Castellazzo un’esperienza profondissima di preghiera. Stava ore e ore in preghiera davanti all’adorazione nella chiesetta di Santa Trinità da Lungi, ma poi anche durante il periodo giovanile, prima di fare la regola, stava tante ore in preghiera.
E quello è un buon diario che si legge durante il mese di novembre e dicembre, perché Paolo scrive qualcosina e ci fa capire com’è questa preghiera incessante di cui ci dice sempre Gesù. Non mangiava, mangiava un pezzettino di pane e durava per ore e ore. Noi facciamo lauti banchetti, poi dopo un’ora d’adorazione, per fortuna che c’è il canto, il coro, che se no ti viene voglia anche un po’ di rilassarti e dormire, tanto c’è Gesù, ci pensa Lui.
Ecco, allora, questo cammino ordinario della presenza del Signore Gesù nella nostra vita dobbiamo anche testimoniarlo, perché se il Signore ascolta la nostra preghiera, oppure forse noi facciamo quel passetto in più di essere preghiera, di entrare alla presenza del Signore Gesù, si trasforma in annuncio.

Oggi c’è stata una mamma in confessionale, è un copione che sento spesso, le lamentele di una mamma che venivano un po’ a me come il giudice, con la signora che voleva giustizia e mi dice: padre io vado in chiesa, prego per i miei familiari, poi quando sto a casa cucino, lavo, stiro e quando parlo del Signore Gesù e dico a qualcuno di venire a messa, o dico che vado a pregare, mi prendono sempre in giro, mi dicono che ho stufato perché dico chiesa, Gesù, Dio, eccetera, eccetera, eccetera. Allora ci siamo messi un po’ ad ascoltarci, le ho detto non si preoccupi signora, le volte è problema di linguaggio, lei provi a dire Gesù senza dire Gesù, lei provi a dire Dio senza nominare la parola Dio, provi ad invitare le persone a venire in chiesa non dicendo “devi”, non dicendo “bisogna”, “non ci vai mai”, “non ti ricordi di pregare”; provi a cambiare questo atteggiamento che molto probabilmente funzionava una volta ma non so se ha fatto più danni o cose buone, non può essere un dovere, non può essere un dovere per Dio esaudire la persona che chiede e in modo giusto ottiene, questo è il comportamento del giudice che sfinito vuole avere un po’ di pace.
Dio è amore e se è quello che dice San Paolo dell’abisso profondo e di un cuore in cui si mischia tutto, amore e dolore, anche noi possiamo testimoniarlo, in qualche modo dobbiamo arrivare alle persone care, in qualche modo c’è qualcosa che possiamo fare che ancora non abbiamo fatto, cambiamo registro, cambiamo possibilità, diamo tempo, spazio allo Spirito Santo per dire senza che noi apriamo bocca, diamo spazio allo Spirito Santo per intervenire quando siamo troppo criticati per dire “non mi hai mai ringraziato perché vado a pregare per te”, “non mi hai mai ringraziato perché cucino per te”; e poi con la Signora abbiamo fatto questo accordo: le ho detto che c’è un passaggio in cui lei ha tutte le ragioni, però ce n’è una che vedo che lo Spirito ancora può operare, lei quando la criticano rimane offesa, e dice: “padre ma che devo fare, me devo pure rallegrare?” Sì, se c’era San Francesco diceva perfetta letizia quando gli davano contro, allora le ho detto: lei non interrompa mai la comunicazione, perché se noi a Dio gli diciamo di no, non è che va, si ritira, e dice vabbè diamogli 24 ore di tempo tecnico per ripigliarsi e poi ci riproviamo; Dio è sempre lì fermo, non c’è bisogno che aspettiamo i nostri tempi di metterci in pace con il Padre Eterno, il Padre Eterno è sempre lì, se dopo due minuti ti penti di esserti allontanato, lui è lì, è sempre pronto, allora ho detto alla Signora: se suo marito le dice che non lo appoggia mai per la predica, per i figli, glielo dica, gli dica “io sono sempre con te, ti voglio bene”, lo abbracci, continui; ah, non ci avevo pensato, mi ha risposto. Se la figliolina non vuole venire alla Messa, non ti preoccupare, Nonna prega per te, tu stai lì e fai come vuoi, però quando tornerò ti dirò “ho pregato per te”; e poi quando la figlia, la nipotina era facile, la figlia invece quando stufata di sentirsi sempre dire di andare a Messa, “non te lo dirò più, però cucinerò per te, pregherò per te, e lo farò senza dirtelo, va bene?” E continuate. Se questa insistenza della Signora, della vedova, che andava dal giudice ha ottenuto una risoluzione, quanto di più può ottenere un cuore che non si offende, rimane al suo posto, e sa che Dio alla fine della fiera, come dicono a nord, compra, alla fine della fiera vende, alla fine della fiera incassa quello per cui era venuto. E capite che questo non è comportamento umano.
Utilizzate ogni occasione opportuna e inopportuna. Perché bisogna aggiungere inopportuna? Perché lì è più difficile. Perché è lì che noi diventiamo testimoni e missionari. Quando Paolo scriveva le sue lettere, visto che era missionario anche di lettera, tornava sempre sugli stessi temi. Diceva alle monache tutte: si sprofondi nel seno di Dio, nel seno di Abramo.
Alle volte ci sono momenti più difficili, quando le nostre preghiere non vengono esaudite. I preti rispondono sempre: si vede che non era volontà di Dio. Però è troppo facile alle volte rispondere a questo quando non si salvano le persone care, quando ci sono ingiustizie che continuano a perpetrarsi.
Ci sono delle cose anche qui sulla terra che sono difficili da spiegare e sembra che la giustizia veramente manchi. Ecco, su questo ritorno un po’ al tema del timore del Signore. Osiamo, proviamo, ci sono dei passaggi però che ci rimangono estranei.
Sicuramente Pietro non voleva che Gesù morisse, sicuramente Gesù poteva evitare di morire, eppure la preghiera di Gesù non è esaudita nel Getsemani. Padre, se è possibile che questo calice passi da me, sia, ma sia fatta alla tua volontà. Gesù fino all’ultimo utilizza ogni occasione che ha a disposizione per essere figlio umano del Signore Padre Onnipotente.
Eppure quello che era la sua preghiera comprendeva anche quello che Dio gli aveva già chiesto. Non possiamo non pensare che il Padre gli aveva chiesto questo. Gli aveva mostrato fino in fondo dove si sarebbe spinto l’amore di Dio.
E Gesù diventa questo Dio che ama, che è diventato uomo per noi fino alla fine. Ecco, dunque con San Paolo a Croce accogliamo questo nostro Dio che ci permette di fare l’impossibile. Ma a un certo momento l’impossibile diventa fare la sua volontà.
Alla fine rimane lui. Alla fine sa lui che cosa è giusto e buono per questo mondo, per noi e per tutti. Nella preghiera non saremo delusi. Avremo il coraggio di fare tutto quello che ci pare giusto e avremo forse con Gesù anche il coraggio di fare l’impossibile per amare chi ci sta vicino fino a dare tutta la nostra vita, che questo si compia in noi.

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