L’omelia di don Fabio Laurenti, parroco di San Paolo della Croce, nella Messa di oggi, 2 novembre 2025:

Nel Libro della Sapienza leggiamo questa espressione: Dio non ha creato la morte e Dio ha creato l’uomo per l’immortalità ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo. Comprendiamo da questa espressione che non avendo Dio creato la morte, non avendoci creati mortali, la morte per noi è insopportabile, è naturale morire ma non è naturale per il nostro spirito, ecco perché la rifiutiamo con tutte le nostre forze, la rimuoviamo.

Lottiamo contro la morte con tutte le nostre forze. Abbiamo un insopprimibile rifiuto, giustamente, per la morte. Il Cristianesimo che cosa annuncia? Annuncia che Cristo ha vinto la morte e avendo distrutto la morte, ha distrutto anche la nostra morte e ci ha donato la vita eterna e la vita immortale.

Ecco perché la liturgia cristiana, a differenza di altre religioni e di alcune culture pagane, nei funerali non è una liturgia del pianto, della lamentazione, ma è la liturgia quasi di festa perché è un annuncio della vita eterna. Noi nel dolore, per esempio nei nostri lutti, mettiamo spesso magari in dubbio anche persino l’esistenza di Dio. Diciamo: Dio dov’è? Se Dio esiste, i miei cari non moriranno.

Io ho anche sentito dire una volta una ragazzina, però il mio gatto è morto, quindi Dio non esiste. Ma è normale, è il dolore che ci fa pensare così. Invece Dio è presente come creatore ed è presente in ogni momento della nostra vita.

Ma non come esenzione dalla morte. Gesù non ha mai promesso ai suoi che non sarebbero morti. Perché Gesù vuole il massimo bene possibile per noi.

E qual è il massimo bene possibile? Pensiamoci un attimo. Può essere una vita che dura 100 anni, 80, quella che dura 90, 110?

Può essere il massimo bene possibile? Può essere una vita che, anche se è bella, preziosa la nostra vita, ci dobbiamo tenere con tutte le forze, ma può essere una vita che poi contiene sempre delle ombre, dei sacrifici, dei dolori, delle fatiche. Può essere questo il massimo bene possibile?

Non lo è. Il massimo bene possibile si chiama Paradiso e Gesù a quello ci vuole portare, quello ci vuole donare e quello è venuto a donarci.

E Dio quindi ci insegna che il massimo bene non è una vita lunga sulla terra, eterna sulla terra, perché sarebbe un purgatorio sulla terra, ma è il paradiso. Questa vita in confronto alla vita eterna è come la fotocopia di una fotocopia di una fotocopia di quelle che non si legge niente, non si capisce niente.

Infatti siamo pieni di confusione, a volte non capiamo niente, la verità si mischia con la menzogna. Viviamo un po’ così tutti quanti. E allora veniamo al Vangelo. Il Vangelo dice vita eterna e supplizio eterno e espressione è entrata nella dottrina della Chiesa sul giudizio universale e sull’esistenza del paradiso e dell’inferno. Vediamo Gesù come ne parla.

Gesù separerà, perché lui è il giudice, separerà i capri dalle pecore per dire che è lui il pastore dell’umanità, lui che pasce l’umanità verso il cibo migliore che è la Santa Eucaristia e li separerà, i buoni e i cattivi. Una volta a scuola si faceva così, c’era la maestra alla lavagna, indicando i buoni e i cattivi, quelli che facevano chiasso.

Lui li separa, è l’unico che può fare le separazioni, noi non possiamo giudicare le persone, non le possiamo giudicare perché dovremmo prima giudicare noi stessi.

Lui però può farlo in quanto Dio e in quanto uomo perfetto è stato qui sulla terra. E allora la divisione è così: i buoni vanno in Paradiso, la vita eterna, i cattivi vanno al supplizio eterno.

La prima considerazione da fare è che quando il Pastore dice venite benedetti nel Regno del Padre mio, perché questo Regno è stato creato sin dall’inizio della creazione, significa che quando il Padre ci ha creati, quando il Padre ha creato l’umanità, ha creato pure il Paradiso. Fin dalla creazione del mondo c’è il Paradiso, luogo interiore dove i figli di Dio andranno.

Quando invece dice allontanatevi da me voi operatori di iniquità nel fuoco eterno, non dice preparato per voi fin dalla creazione, perché l’inferno non l’ha creato Dio, l’inferno è una creazione dell’uomo. Di quale uomo? Il criterio ce l’ha dato Gesù, ci ha parlato della carità: avevo fame, mi avete dato da mangiare, avevo sete eccetera eccetera; il criterio sul quale noi tutti saremo giudicati è unicamente e puramente l’amore.

Quindi l’inferno è il luogo dove gli uomini che per tutta la vita hanno rifiutato di amare tutto e tutti, se stessi rovinando la loro vita, gli altri rovinando la vita degli altri e chiudendosi in maniera definitiva a Dio.

La Chiesa però insegna, ed è dottrina della fede, che esiste anche uno stadio intermedio che si chiama purgatorio e che è quello che interessa a noi oggi prendere in considerazione qui. Il purgatorio è un luogo dove vanno i salvati, i buoni, che però ancora non sono perfetti nell’amore, hanno ancora qualcosa da aggiustare.

La Chiesa prende questa dottrina da alcuni passi biblici, dalla dottrina dei dialoghi di San Gregorio Magno, dal trattato del purgatorio di Santa Caterina da Genova e da un’infinità di mistici che hanno avuto l’esperienza di conoscere e di vedere il purgatorio. Sant’Agostino dice che le pene del purgatorio sono come quelle dell’inferno, l’unica differenza è che non sono eterne, sono transitorie. Il purgatorio è un luogo dove io vado perché nella vita ho imparato ad amare come vuole Dio, ho amato ma non nella perfezione proprio come vuole Dio e vi assicuro che amare è molto molto arduo, perché devi rinunciare a tante cose.

Primo fra tutti devi rinunciare all’orgoglio e alla superbia personale, devi tollerare, devi saper con l’amore passare sopra, perché San Paolo dice che l’amore copre una moltitudine di peccati, soprattutto i peccati del prossimo quando ti fanno male e quindi è arduo. Quando non siamo perfettamente nell’amore noi completiamo il nostro percorso nel purgatorio.

Le anime del purgatorio si differiscono da noi per una cosa, non possono migliorare se stessi perché il tempo del miglioramento di se stessi, della purificazione attiva, è questa vita qua, una volta che si va di là, l’anima non può purificare se stessa ma attende le preghiere e le sante Messe della Chiesa; si chiama purificazione passiva delle potenze, li purifica Dio. Chi viene a Messa tutti i giorni e conosce più o meno a memoria le parole della preghiera eucaristica, a un certo punto sente che il sacerdote dice: ammettili a godere la luce del tuo volto; improvvisamente tra i verbi della teologia e tra i verbi della Chiesa si innesta questo verbo: godere, godimento, per dirci che cosa? Che in questa vita, il primo compito del cristiano è godere Dio, Dio è bello, Dio è gustoso, Dio è buono, è bello stare con Dio, è infinitamente bello, è un godimento, è una beatitudine stare con Lui. I santi, quelli pochi che vanno direttamente in paradiso hanno fatto questa esperienza sulla terra. Noi diciamo: hanno sofferto, si sono sacrificati, mettiamo in evidenza il negativo, ma loro si sono sacrificati perché avevano goduto di una gioia infinita: quando sei infinitamente contento e felice dentro di te ma pieno di felicità, affronti tutto. Se i nostri defunti ci potessero parlare oggi ci direbbero godete Dio, godete le cose di Dio; chi sta nel godimento delle cose di Dio è meno portato a godere delle cose che sono contrarie a Dio, questo lo dice San Paolo. E allora oggi vogliamo ricordarci che il Signore non è nella nostra vita colui che risponde ai nostri perché, ma è soprattutto colui che vuole in questa vita darci la felicità perfetta, la gioia perfetta, quella che nel Vangelo si chiama beatitudine; voi chiamatela come vi pare, ma ricordiamoci che il Signore ha preparato per noi qualcosa, dice San Paolo, che né orecchio umano può udire, né occhio umano può guardare in questa vita, che è la perfezione della gioia e dell’amore; già adesso possiamo cominciare a fare questo, già da oggi, concentrando le nostre attenzioni, il nostro pensiero e soprattutto il nostro desiderio, sulle cose di Dio. I nostri defunti per noi desiderano questo perché loro sanno che questo è il massimo bene possibile.